![]() Nella mia attività incontro molte persone con varie forme di demenza, e negli anni mi sono resa conto che nella gestione del malato sono i familiari le persone che più spesso si trovano ad affrontare sentimenti di sofferenza e frustrazione. In questo e nei prossimi post, vorrei analizzare alcuni comportamenti tipici della persona con demenza e fornire qualche indicazione utile sulla loro gestione. Vorrei incominciare da alcuni comportamenti che caratterizzano la comunicazione verbale con il malato. RIPETITIVITA’ Il malato pone all’interlocutore la stessa domanda o fa la stessa osservazione più e più volte nell’arco di poco tempo. È del tutto comprensibile che all’ennesima ripetizione il familiare senta dentro un misto di frustrazione, rabbia e compassione! La ripetitività è in parte dovuta alla progressiva perdita della memoria, che non consente alla persona di ricordare di aver già fatto una domanda e di aver ricevuto risposta. È tuttavia dovuta anche alla ridotta capacità di comprendere la realtà che circonda il malato, rendendolo insicuro. Cosa possiamo fare? NON LO FA APPOSTA! Il malato non si ricorda di aver già detto la stessa cosa più volte: farglielo notare servirà solo a rattristarlo o ad agitarlo. Se questo comportamento innervosisce troppo il familiare, è meglio rompere il circolo vizioso: uscire dalla stanza, o distrarre il malato proponendogli altre attività. SFORZIAMOCI DI INDIVIDUARE IL BISOGNO ovvero perché il malato è ripetitivo? La ripetizione può essere dovuta al fatto che il malato percepisce di avere poche capacità comunicative: continuando inconsapevolmente a porre la stessa domanda tenta di mantenere la relazione con l’interlocutore. In questi casi, non è tanto importante rispondere alla domanda, ma far sentire la propria presenza affettiva al malato. La ripetizione potrebbe essere la manifestazione di uno stato di ansia e preoccupazione: la domanda è un modo per esprimere un disagio. Capire che cosa disturba il malato potrebbe ridurre questo comportamento. ANTICIPARE LA DOMANDA Tanto maggiori sono le informazioni che il malato riceve dall’ambiente e dalle persone vicine, tanto minore sarà il bisogno di porre delle domande. Se il malato chiede in continuazione cosa mangerà a pranzo, appendiamo una lavagna in cucina con il menù della giornata e abituiamolo a farne uso. OFFRIAMO ATTIVITA’ ALTERNATIVE La ripetizione di domande e frasi talvolta riempie dei “vuoti”, il malato si sta annoiando o non sa come impiegare il tempo: coinvolgerlo in semplici attività che lo interessano e che è in grado di fare (annaffiare i fiori, fare una passeggiata, fare una telefonata) può ridurre questo comportamento. GIUSTIFICARE, MINIMIZZARE E MENTIRE La persona malata, quando è consapevole delle proprie difficoltà, può spaventarsi o vergognarsi. Può temere che mostrando i propri “vuoti” possa perdere il proprio ruolo familiare, sociale, e soprattutto l’affetto delle persone più care. In altri casi è il problema di memoria che lo induce a dimenticare gli eventi e a rispondere a domande specifiche (“cosa hai fatto stamattina?”) con frasi adeguate ma generiche e prive di informazioni dettagliate (“Ho fatto colazione e sono uscito per una passeggiata” anziché “Ho mangiato caffè e biscotti, mi ha telefonato la zia e al mercato ho comprato dei guanti”). A volte i malati mostrano comportamenti anomali durante le conversazioni: minimizzano la situazione (“capita a tutti di dimenticare”), si giustificano (“oggi sono stanco, per questo non mi ricordo”… “ho sempre da fare, non faccio attenzione a certe cose”), e mentono (“non ho spostato il portafogli, sei tu che tocchi sempre le mie cose!”). Cosa possiamo fare? RASSICURARE IL MALATO Facciamogli sentire il nostro affetto e la nostra vicinanza, questo lo aiuterà a sentirsi più libero di esprimere le sue paure e meno giudicato per i suoi difetti NON SOTTOLINEARE I SUOI DIFETTI Metterlo di fronte alle sue difficoltà rinforza le sue difese e sollecita inutili e controproducenti comportamenti di rabbia. NON SENTIAMOCI PRESI IN GIRO Il malato non è improvvisamente diventato una persona bugiarda! Il mentire, spesso incolpando le altre persone di qualche misfatto o disattenzione, è una risposta il più possibile adattiva all’ambiente, considerate le difficoltà cognitive indotte dalla malattia. Bibliografia di riferimento Gabelli C., Gollin D. Stare vicino a un malato di Alzheimer. Dubbi, domande, possibili risposte. Ed. Il Poligrafo 2008. A cura della dott.ssa Manuela Fumagalli Psicologa - esperta in Neuropsicologia Via Monte Grappa, 272 Sesto San Giovanni (MI) cell. 327 1643917 http://www.percorsipsicologici.com/area-neuropsicologica.html
0 Commenti
![]() Uno studio australiano pubblicato di recente sulla rivista internazionale Journal of Alzheimer’s Disease ha dimostrato che la riabilitazione cognitiva, effettuata in modo costante e intensivo negli stadi precoci della malattia di Alzheimer, è in grado di migliorare lo stato cognitivo del paziente e aumentare l’attività cerebrale. Quaranta pazienti con un iniziale decadimento cognitivo o con una forma di depressione esordita nella tarda età adulta sono stati coinvolti nello studio. Dopo una valutazione cognitiva, psicologica e dell’attività neurofisiologica del cervello (EEG), trentuno pazienti sono stati trattati con sedute di RIABILITAZIONE COGNITIVA della durata di due ore, svoltesi a cadenza bisettimanale per 7 settimane. Ventidue pazienti invece non hanno ricevuto nessun trattamento (gruppo di controllo). Dopo 7 settimane, i pazienti sono stati rivalutati sul piano cognitivo, psicologico e neurofisiologico (EEG). Il gruppo di pazienti che ha ricevuto il trattamento intensivo di RIABILITAZIONE COGNITIVA ha mostrato un miglioramento ai test cognitivi e un aumento dell’attività cerebrale fronto-centrale, corrispondente al potenziamento dei processi pre-attentivi. Questi pazienti inoltre riferivano un soggettivo miglioramento della memoria. Nessun miglioramento si è rilevato nel gruppo di controllo. Questo studio dimostra che la RIABILITAZIONE COGNITIVA è in grado di agire sulle capacità neoplastiche del cervello, potenziando le abilità cognitive. La sua efficacia è maggiore quando il trattamento viene iniziato fin dalle prime avvisaglie della malattia. Recensione dell’articolo: Mowszowski, Loren, et al. "Cognitive Training Enhances Pre-Attentive Neurophysiological Responses in Older Adults ‘At Risk’of Dementia." Journal of Alzheimer's Disease 2014. A cura della dott.ssa Manuela Fumagalli Via Monte Grappa, 272 20099 Sesto San Giovanni (MI) http://www.percorsipsicologici.com/area-neuropsicologica.html cell: 327 1643917 ![]() Con questo post inauguriamo la rubrica relativa alle vostre domande. NB: Tutti i contenuti presenti in questo sito hanno come scopo quello di diffondere la cultura e l'informazione psicologica. Non possiedono quindi alcuna funzione diagnostica e non possono sostituirsi ad un consulto specialistico. Di seguito una domanda che ci è giunta via mail: "Buongiorno, Vi contatto perchè da un certo periodo,secondo me, ho dei "problemi" con l'altro sesso..un mese fà mi e' capitato di conoscere una ragazza, di piacermi, ma dopo qualche uscita arrivato il momento di avere un rapporto sessuale, non c'e' stata alcuna risposta. Io volevo capire cosa mi sta succedendo e come fare per superare questo problema" Questa domanda ci è stata posta da un giovane uomo che non ha mai sofferto di problematiche della sfera sessuale e che giustamente si pone dei quesiti su questa "sgradita" novità che gli capita con la partner. In questi casi, il primo passo è quello di escludere una problematica organica, ossia qualcosa che è esclusivamente derivato dal corpo e che attraverso un'accurata diagnosi possa essere curata con i farmaci del caso. Esclusa questa possibilità, non resta che l'amata "psiche" che evidentemente, non trovando la possibilità di comunicare in altro modo, utilizza il corpo per lanciarci dei segnali (vedi tutti i disturbi psicosomatici). E' molto importante, in questi casi, poter trovare un luogo di ascolto dove poter far emergere questa "silente" comunicazione dato che da soli evidentemente non si è riusciti a comprendere il messaggio silenzioso che il proprio mondo interno ha cercato di inviare (invanamente), sino ad utilizzare parti del proprio corpo per manifestare questo profondo disagio. ![]() L’attacco di panico fa parte dei disturbi di ansia e negli ultimi anni ha avuto un grande clamore mediatico. A livello sintomatico, in un breve lasso di tempo, c'è una grande agitazione interna che di solito arriva ai dei picchi significativi nel giro di mezz'ora, durante il quale la persona prova un'improvvisa e intensa apprensione associata a una vivida paura di morire o di perdere il controllo della propria mente, del proprio corpo, spesso associati ad una sensazione di catastrofe imminente. Per essere reale e diagnosticabile come attacco di panico, questa sensazione deve essere accompagnata da almeno 4 dei seguenti sintomi:
Generalmente si può riuscire ad imparare a controllarlo nel tempo, ma perchè dover controllare qualcosa che si può sconfiggere? I rimedi messi in campo dalla psicologia sono sicuramente diversi e spesso validi, tuttavia, ritengo che un percorso introspettivo attraverso una psicoterapia sia lo strumento vincente (talvolta associato all'uso di farmaci ansiolitici, prescritti da un medico psichiatra. Evitate il fai da te sulla vostra salute!). Alla prossima dott. Marco Santini - psicologo, psicoterapeuta Il nostro centro clinico lavora da anni nel campo della salute e del benessere psicologico ed è formato da un gruppo di professionisti che operano a Sesto San Giovanni e a Milano, occupandosi di psicologia e psicoterapia e servizi rivolti alla cura di disturbi quali ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari.
Per contattarci potete utilizzare il modulo contatti. In questo blog pubblicheremo articoli sul mondo della psicologia e non solo. Continuate a seguirci.... Dott. Marco Santini - psicologo, psicoterapeuta |
La Nostra Equipe
Archivio
Marzo 2022
Categorie
Tutto
Autori
Gli articoli presenti in questo blog di psicologia sono redatti dallo staff dello studio di psicologia e psicoterapia "Percorsi Psicologici" nel comune intento di divulgare temi a carattere psicologico e di fare cultura per un sano benessere psicologico. |