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Spazio Parkinson: Ciclo di seminari gratuiti tematici a Milano

22/10/2014

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trattamento malattia di parkinson
Sabato scorso sono iniziati a Milano il ciclo di seminari gratuiti interattivi dedicati a diversi temi inerenti la malattia di Parkinson, rivolti non solo a chi soffre in prima persona di questa malattia ma anche ai loro familiari.

L'evento è stato organizzato dal centro "Spazio Parkinson", realtà che si rivolge alla cura e al sostegno psicologico dei malati di Parkinson e al sostegno attivo dei familiari che all'interno della struttura trovano uno spazio dedicato a loro sotto forma di gruppi di sostegno e di auto-aiuto e confronto. Chi soffre, invece, in prima persona di questa malattia ha la possibilità di partecipare a gruppi di supporto psicologico e a gruppi di stimolazione cognitiva.

La conduzione dei seminari è svolta dalle fondatrici del centro, la dott.ssa Manuela Fumagalli, che collabora attivamente anche presso questo studio in qualità di psicologa esperta in neuropsicologia e nella riabilitazione cognitiva delle malattie degenerative (per avere maggiori informazioni sulle sue competenze cliccate qui
), e la dott.ssa Francesca Mameli, psicologa, psicoterapeuta.

L'argomento trattato in questo primo seminario è stato "Come affrontare l'ansia e la depressione: metodi per la gestione dell'ansia e della depressione nella malattia di Parkinson".

Il prossimo seminario si terrà il 22 novembre p.v a Milano e avrà come argomento "Stare in forma con la ginnastica mentale: tecniche ed esercizi per tenere la mente attiva e contrastare l'invecchiamento".

Per avere maggiori informazioni sulle attività che vengono svolte e sul calendario dei prossimi seminari, o per iscrivervi ai loro eventi, potete contattare il centro "Spazio Parkinson" (cliccando qui).


A cura del dott. Marco Santini
Psicologo - Psicoterapeuta

santini@percorsipsicologici.com


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Problem Solving: la capacità di stare meglio

16/10/2014

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problem solving strategico
Il problem solving è una tecnica di risoluzione dei problemi che viene molto spesso utilizzata anche in ambito aziendale e formativo per aiutare l'equipe a padroneggiare strumenti individuali che permettono di risolvere eventuali criticità che possono sorgere nel proprio ambito di azione e di competenza.

Ora, ma cosa si intende per problema???


Il problema è uno scostamento dalla norma attesa rispetto al risultato ottenuto, ossia qualcosa ci è andato storto e si è creato un gap tra il proprio desiderio e la realtà ottenuta. Diviene molto importante, in questi casi, considerare la situazione in ottica positiva, ossia "vedere il bicchiere mezzo pieno" per usare un detto popolare (e saggio). Questo permette alla persona di predisporsi in una posizione attiva, "cosa posso fare allora per riempire l'altra metà?", ci si potrebbe domandare.


In questa ottica, i problemi diventano solo degli ostacoli momentanei, sicuramente fastidiosi perchè non ci permettono una gratificazione voluta - il raggiungimento della meta - ma di natura transitoria.

Anche in ambito clinico vale lo stesso.

Il desiderio di "guarire" da un malessere, da un sintomo persistente e fastidioso che ci si porta dietro, magari da anni, diviene un'occasione per l'individuo di guardarsi dentro, osservare "il problema" e prenderlo in mano.

Certo tutto ciò ha dei costi e non mi riferisco solo a quelli economici.
Questa operazione richiede prendere il mano le proprie "ferite", aprirle e guardarle anzichè tamponarle e coprirle come instintivamente si è sempre fatto. Ma fare ciò, rende anche le proprie ferite delle "feritoie", attraverso le quali si può scoprire parti del proprio mondo interno che prima non si vedevano, ascoltarle, sistemarle ed eventualmente anche colmarle, come con il bicchiere mezzo vuoto dell'esempio di prima, in una reale esperienza di completezza e di cambiamento.

Stay tuned
Dott. Marco Santini
Psicologo - Psicoterapeuta


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Sto male, ho bisogno di un aiuto: a chi rivolgersi???

15/10/2014

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Picture
Il post di oggi nasce dall'esperienza che ho vissuto in un momento di libertà dal lavoro. Oggi ho avuto un paio di ore libere tra un paziente ed un altro e mi sono lasciato rapire da internet e ho "liberamente" associato via web, potrei dire usando a prestito dei termini psicoanalitici.
La cosa che più mi ha colpito, da addetto ai lavori, è la platea di professionisti, o presunti tali, che utilizzano il web per pubblicizzare la loro attività: nella mia ricerca, posta nell'ottica di una persona bisognosa, ho trovato nel giro di pochi minuti siti di counselor, psicologi, alcuni molto presenti su internet che ti pubblicizzano servizi online e e-books (tanto da domandarmi se forse hanno sbagliato lavoro!), psicoterapeuti di vari indirizzi, medici con diverse specializzazioni, una life coach (a cui vanno i miei complimenti per il sito, molto bello graficamente anche se non ho ancora capito bene il metodo di lavoro e l'efficacia della proposta! Comunque brava per il sito). Ora, questo "giro di giostra" tra queste figure mi ha lasciato un pò disorientato e, mi prefiguro, che un simile stato può essere amplificato in chi non tratta nel quotidiano questi argomenti. Da qui la voglia di condividere con voi questa sensazione e alcuni spunti che spero possano aiutarvi in caso di bisogno. Li riassumo per punti per comodità:

1) VALUTARE IL CURRICULUM VITAE E LA FIGURA PROFESSIONALE
Direi che il primo e fondamentale punto di partenza per orientarsi sulla scelta di un aiuto concreto, sia quella di valutare la figura professionale di cui avete bisogno. E' bene sottolineare questo aspetto perchè le figure non sono tutte uguali. Lo psicologo è un laureato in psicologia, ha fatto un esame di Stato ed è iscritto ad un albo professionale (se avete dubbi sulla persona potete consultare l'albo nazionale e trovare informazioni). Questa è sicuramente una garanzia relativamente alla formazione della persona, poi può non essere la persona giusta per voi! Lo psicoterapeuta ha fatto questo percorso sopra citato ma in aggiunta ha proseguito gli studi per altri 4 anni specializzandosi in una tematica precisa e nel trattamento di patologie più complesse, oltre ad aver fatto un'analisi personale (elemento a mio avviso importante per poter aiutare gli altri, "medice cura te ipsum" dicevano i latini) e aver svolto per quel quadriennio un tirocinio in un ospedale come psicoterapeuta in formazione. Per i medici vale analogamente quanto scritto fin'ora. Diversa cosa per i counselor, life coach: la formazione è generalemente conseguita dopo un diploma, il corso di formazione dura 3 anni a cadenza di un we al mese, il più delle volte (alcune scuole hanno una frequanza diversa). Non esiste un albo di appartenenza per queste figure anche se recentemente si cerca di essere inseriti in associazioni di categoria.

2) RIFERIMENTI LEGISLATIVI
La legge italiana regolamenta l'attività di psicologo e gli riconosce la qualità sanitaria delle prestazioni (la fattura è infatti scaricabile ai fini fiscali mentre ciò non può essere fatto per le altre professioni di natura non medica). Per i counselor, life coach, reflector questo non avviene, dato che in Italia queste figure non sono regolamentate con norme precise e questo, purtroppo, alimenta un mercato commerciale di scuole, enti che organizzano corsi per diventare un "professionista" della salute. Naturalmente non tutte le scuole hanno questa mission commerciale alle spalle, tuttavia il trend attuale è orientato in tal senso. La durata della formazione in questi contesti può variare dal week-end ai master iperformativi nel giro di pochi mesi (quando va bene!).
Ora, è bene ricordare che la legge vieta a queste figure di operare nelle situazioni dove è presente una psicopatologia pena l'abuso della professione di psicologo (così come avviene analogamente per i medici per le attività a loro dedicate). Le difficoltà di natura non psicopatologia, l'orientamento in situazioni difficili ma facilmente affrontabili possono rientrare nel loro campo di azione.

3) PASSAPAROLA O INTERNET
Ritengo, a questo punto del discorso, che una buona scelta sia sempre quella che nasce dal passaparola tra amici, parenti che si sono trovati in passato a fare degli incontri con quel professionista. E' un modo diretto dove la fiducia per la persona cara che ti "informa" dell'esistenza di quello studio professionale, si trasferisce direttamente sul professionista che si ha intenzione di chiamare. In altri casi, quando questa esperienza non è presente o non si vuole far sapere del bisogno attuale di aiuto ai propri conoscenti, il mio consiglio è quello di leggere con attenzioni le informazioni contenute sul sito dello studio che si pensa di contattare. Molto spesso, sono infatti presenti già sul sito contenuti e informazioni che possono dare una prima risposta a quello che si sta cercando e questo diviene un modo per escludere eventuali realtà che non contemplano la risposta al proprio bisogno.

4) ASCOLTARE LE PROPRIE SENSAZIONI
In ultimo, dopo aver valutato, escluso molte realtà e scelto il proprio professionista, è bene dare ascolto alla propria "pancia" e alle sensazioni che ci provengono dopo averlo contattato. I primi colloqui sono spesso un banco di prova per la persona che inizia a sentire se ha trovato il SUO posto dove poter portare il proprio malessere ed iniziare a lavorarci insieme al terapeuta, in quello che io definisco "una sonata a 4 mani".

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo - Psicoterapeuta
santini@percorsipsicologici.com


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Bulimia in adolescenza: un ragazzo preoccupato

1/10/2014

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Inaguriamo la rubrica rivolta alle vostre domande con una mail che ci è giunta alcune settimane fa da parte di una ragazzo preoccupato per lo stato di salute della fidanzata. Di seguito il testo della richiesta:

"buona sera sono un ragazzino di 15 anni e la mia ragazza è bulimica ma lei non sà che fare perchè non riesce a dirli a sua mamma, lei ogni volta che mangia qualcosa si provoca il vomito perchè si sente grassa. io non riesco piú a vederla così perche sto male io per lei. vorrei una mano per farla smettere ma non so che fare. per favore mi risponda, grazie e buona serata."

Il malessere segnalato in questa mail riguarda sicuramente un'età particolarmente critica come l'adolescenza, momento di transizione caratterizzato dal'acquisizione di un corpo sessuato e in divenire e dalla rottura dell'immagine di un sè bambino per costruirne una più adulta e caratterizzata da nuovi legami. Questi momenti possono essere particolarme difficili da vivere e possono insorgere disturbi che caratterizzano un malessere più profondo, quali per esempio, i disturbi del comportamento alimentare, ma non solo. In questi casi, si può trovare un luogo di ascolto e di cura per i bisogni di chi soffre e delle persone familiari che vivono impotenti questi disagi. Il coinvolgimento di tutti, anche se ritenuto difficile in un primo momento. è spesso un primo passo verso la guarigione del singolo.



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