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ADOLESCENZA AI TEMPI DEL COVID

22/2/2021

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Il 20 maggio 2021 si terrà un mio intervento online sul tema dell'adolescenza ai tempi del Covid e del Lockdown, tra bisogni evolutivi e restrizioni imposte per la pandemia. L'evento è inserito all'interno della rassegna culturale dei 30 giorni di cultura che si promuove ogni anno a Seregno. L'evento è patrocinato dal Comune e partecipato differenti associazioni culturali della zona. Ringrazio l'associazione culturale Ripartiamo di Seregno per avermi proposto di fare questo intervento. A breve maggiori informazioni. 



A cura del Dott. Marco Santini
​Psicologo - Psicoterapeuta
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RIFIUTO SCOLASTICO: CRISI MOMENTANEA O FRAGILITA' NARCISISTICA?

3/2/2020

2 Commenti

 
fobia scolare psicologo sesto san giovanni
Negli ultimi mesi, sono stato contattato da diversi genitori con figli adolescenti che mostravano segni di sofferenza nella frequenza scolastica dei primi anni delle superiori.

In questi casi, come spesso mi capita, è sempre opportuno affrontare il problema da diversi punti di vista: in primis, valutare se nella coppia genitoriale procede tutto "bene" o se vi sono "delle turbolenze" che possano far cadere la tenuta scolastica dei propri figli (che in questo caso, manifesterebbero con l'assenza scolastica un malessere familiare più che un loro problema personale).
In questi casi, una volta che i genitori si mettono al lavoro sulle loro problematiche ne segue spesso una risoluzione del sintomo fobico.

Altro problema, invece, quando l'evitamento della scuola risulterebbe un problema "personale": in questi casi, potrebbe trattarsi più di un problema evolutivo identitario, si potrebbe definire un blocco del normale processo di soggettivazione ed identificazione.

Per spiegarlo, si deve prendere in esame quello che di norma succede in quegli anni: si è alle prese con un nuovo gruppo di pari (i nuovi compagni di classe) con cui passare del tempo ed interagire per fare nuovi legami di amicizia. Intanto, parallelamente, i giovani sono alle prese con nuove richieste di performance più competitive e pressanti (le richieste delle scuole superiori sono più pressanti rispetto agli anni precedenti), anche il corpo è alle prese con un'evoluzione e trasformazione sia sul piano fisico e che psicologico. Tutti questi elementi caratterizzano il quotidiano dei giovani di quell'età (sto parlando di ragazzi di 14 - 16 anni). Se tutti questi elementi sono in equilibrio, il giovane (sia esso maschio che femmina) sperimenterà una crescente fiducia di base nelle proprie capacità, che si stanno ampliando (sia sociali che didattiche) e proseguirà nel suo percorso evolutivo.

Laddove, invece, si dovesse verificare uno squilibrio tra questi elementi, potrebbe verificarsi un blocco, un ritiro da parte del giovane che vivrebbe un crescente malessere e una difficoltà nel perseguire la sua "nuova nascita" in questo nuovo contesto. In questi casi è bene intervenire subito affinchè questo ritiro non si cristalizzi e diventi l'abitudine del giovane (le forme di hikikomori sono gli estremi di questo disagio).

I blocchi scolastici possono essere superati e divenire, nel tempo, un ricordo  per il giovane della sua capacità di affrontare i problemi che la vita gli pone.
 

2 Commenti

INTERVENTO DEL DOTT. MARCO SANTINI  A RTL102.5 SU ADOLESCENTI, DIPENDENZA DA VIDEOGAMES E USO DEL VIRTUALE

18/1/2019

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Ecco il mio nuovo intervento per Rtl 102.5 per la trasmissione Non Stop News del 16 gennaio 2019 in merito all'uso che si fa in adolescenza dei videogames e, più in generale, del "virtuale".

Gli adolescenti di oggi sono sempre più ingaggiati in situazioni che potenzialmente li mettono a rischio di ritiro sociale se non ben contenuti dalle azioni normative e supportive dei genitori e degli adulti di riferimento (es: insegnanti, parenti, educatori...). I geitori devono essere come il suggeritore sul palcoscenico del teatro, invisibile ai più e piuttosto distante, ma, allo stesso tempo, molto presente e "sul copione" perchè, in caso di bisogno, può intervenire prontamente e suggerire la risposta all'attore-adolescente che è chiamato a portare a termine la sua rappresentazione personale (il suo processo di soggettivazione ed individuazione come soggetto in crescita verso l'età adultaI).

Se tutto questo procede bene ed ognuno fa il suo ruolo, ci saranno applausi dalla platea (la società), altrimenti si rischia un ritiro sociale e/o comportamenti autolesivi ed un blocco evolutivo dell'adolescente.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo - Psicoterapeuta
Esperto in adolescenza e D.C.A
santini@percorsipsicologici.com

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Dall'ecografia in 3D ai Selfie: un evoluzione della cultura narcisistica

2/10/2018

1 Commento

 
psicologo per adolescenti
In questo ultimo periodo, soprattutto per i fatti recenti di cronaca (vd. post precedente), si sta ponendo attenzione sull'uso che i giovani fanno dei social network, in particolare su quelli che pongono al centro dell'attenzione le immagini (caratterizzate da selfie, anche estremi), che popolano la rete. Ultimamente ci si scandalizza per il massiccio impiego e ci si chiede come regolamentare questo frequente uso.
 

Credo che per trattare l'argomento in maniera più completa, si debba fare, però, un passo indietro.

La nostra cultura sta diventando sempre più narcisistica.

L'uso spasmodico delle immagini interessa i nostri figli ancora prima che possano nascere
. Da alcuni anni, infatti, i genitori iniziano a "fotografarli" ancora in utero con le ecografie in 3D. Si scattano istantanee del nascituro prima della sua nascita e si continua a farlo in ogni ricorrenza possibile: la nascita, il primo bagnetto, la prima recita..ecc. Si è più interessati a fare lo scatto migliore, trovare l'inquadratura più idonea, e meno a vivere l'evento che si sta svolgendo, a condividerlo nel hic et nunc.
​
Gli adolescenti di oggi sono cresciuti in questi contesti. Ora che iniziano loro stessi ad utilizzare questi strumenti glieli vogliamo togliere? Mission impossible, per citare un famoso film! 

Credo, invece, che si debba regolamentare questo uso a partire dagli stessi adulti.

Sono, infatti, i primi ad abusarne in ogni dove (su ogni mezzo di trasporto si vedono i passeggeri intenti a leggere notizie sul cellulare, a guardare i profili social di colleghi e conoscenti, a consultarlo come se fosse un oracolo, dimenticando l'importanza delle relazioni umane, reali).

L'avvento della tecnologia non è il male degli adolescenti, ma deve essere regolamentata ed usata nel miglior modo possibile.

Purtroppo, troppo spesso, invece, i primi a farne un uso improprio sono gli stessi genitori, come nelle situazioni pubbliche dove si fanno vedere video ai bambini per farli stare calmi o gli si insegna a giocare sui giochi del telefono così i genitori possono terminare quello che stavano facendo.

Poi però non ci si può lamentare quando da adolescenti non si riescono più a staccare dalle varie console dove passano diverse ore al giorno (e alcuni anche di notte). Il bisogno di regole è una richiesta implicita che gli adolescenti ci chiedono nella loro crescita (tumultuosa) e noi come adulti non possiamo non rispondere a questa chiamata. 


A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Psicoterapeuta



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INTERVISTA A RTL102.5 SUI SELFIE ESTREMI IN ADOLESCENZA

24/9/2018

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Oggi pubblico la mia intervista fatta per RTL 102.5 dove parlo di adolescenza e selfie estremi e comportamenti a rischio. Il tema della ricerca di identità, in questi casi, è il tema centrale su cui si instaurano una serie di dinamiche e comportamenti anche a rischio.

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PSICOLOGI PER L'ADOLESCENZA: ISTRUZIONI PER L'USO

5/3/2018

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PSICOLOGI PER L'ADOLESCENZA
Spesso veniamo contattati per aiutare adolescenti in difficoltà o che hanno un blocco evolutivo. In questo post vogliamo, dunque, esplicitare il nostro modo di lavorare con i ragazzi che vivono situazioni problematiche per poter aiutare eventuali genitori in difficolta' nel già difficile ruolo del "genitore".

Il nostro studio di psicologia, infatti, ha un'area di grande attenzione verso l'adolescenza e verso i problemi che i genitori possono incontrare nel corso della crescita dei loro figli. Siamo specializzati in problematiche dell'adolescenza e abbiamo alcuni psicologi-psicoterapeuti che si sono dedicati nella loro formazione clinica pluriennale ad acquisire competenze specifiche relative ai problemi dell'adolescenza e della pre-adolescenza.

In questi anni, abbiamo trattato diverse problematiche cliniche che hanno esordio in adolescenza e che, se non curate, spesso si possono trascinare anche nell'età adulta. Il nostro campo di intervento e i nostri professionisti trattano disturbi alimentari (anoressia, bulimia) e tutto ciò che ha a che fare con l'attacco al corpo (cutting, autolesionismo in genere, bruciature, tentati suicidi, blocchi scolastici e ritiro sociale e relazionale).

Questi comportamenti sono espressione di un malessere profondo a cui si deve dare voce cercando un luogo e un canale comunicativo dove poter esprimere a parole questo disagio piuttosto che agirlo inconsapevolmente con il corpo.

Il nostro approccio nella cura degli adolescenti passa da una metodica di consultazione caratterizzata da 3 fasi:


  1. la fase preliminare è costitutita da 1-2 colloqui psicologici in cui si ricevono i soli genitori (se il nucleo è separato, laddove possibile si vedono ugualmente insieme o, in alternativa, se è presente un'alta conflittualità si vedono separatamente) in modo da avere il punto di vista della madre e del padre per rendere esplicita la loro visione delle cose e far emergere i loro pensieri e le loro idee su quello che sta capitando al proprio figlio/a. La presenza di entrambi i genitori nel percorso di cura del figlio/a è fondamentale per una buona alleanza terapeutica (oltre che per questioni legali essendo necessaria la firma di entrambi per poter offrire una consulenza psicologica al proprio figlio/a se è minorenne).
  2. nella fase centrale, si vede il ragazzo/a per 2 incontri, da solo/a, in modo da comprendere ciò che sta avvenendo e iniziare a gettare le basi per un eventuale lavoro terapeutico. Questo passaggio è molto delicato perchè si inizia a creare un'alleanza terapeutica con l'adolescente che sarà poi fondamentale per il lavoro successivo, laddove venga ritenuto necessario. Infatti, non è così scontato che persista il problema e che non lo si possa risolvere in pochi colloqui preliminari.
  3. nella fase finale, si effettua un ultimo colloquio di restituzione all'interno nucleo (genitori+figlio/a) dove si rimanda il funzionamento delle dinamiche che causano problemi e quali possono essere i percorsi migliori per quell'adolescente per un sano recupero del proprio equilibrio psicologico (psicoterapia individuale o di gruppo). In alcuni casi, è anche consigliato ai genitori d'iniziare ad intraprendere un percorso di sostegno psicologico per aiutarli nella relazione con l'adolescente.

Nel caso in cui si inizia poi un percorso psicoterapeutico per l'adolescente è importante precisare che lo psicoterapeuta che seguirà il proprio figlio/a non può seguire anche i genitori che vengono aiutati, nei casi in cui ci sia una richiesta di supporto genitoriale o se le condizioni lo richiedono, da un altro psicoterapeuta che lavora in rete con il collega che segue il figlio/a.

In questo modo, riusciamo a garantire a ciascun soggetto richiedente uno spazio esclusivo d'aiuto, sia all'adolescente che al genitore, dove poter portare il proprio disagio e dover poter lavorare per un sano benessere familiare e personale.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Psicoterapeuta



PER CONTATTARCI
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CUTTING IN ADOLESCENZA: UN DOLORE SILENZIOSO

9/2/2018

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psicologo adolescenti
Il cutting è una pratica  diffusa in questi ultimi anni che vede l'espressione di un dolore psichico non elaborabile "messo in atto" sul proprio corpo che diviene teatro del malessere e dell'angoscia provata dal giovane.

Il corpo però non può essere mostrato perchè portatore di quel malessere che è difficile da comunicare, e pertanto, lo si deve mascherare con maglie a manica lunga (anche d'estate, la stagione più odiata), jeans, braccialetti coprenti i polsi...

Oggi si stima che questa pratica interessi due ragazzi su dieci che e sia maggiormente praticata dalle ragazze nel 67% dei casi (dati forniti dall'Osservatorio Nazionale Adolescenza).

L'esordio è riscontrabile attorno agli 11 anni, quando si inizia a fare i conti con la pubertà e con una ristrutturazione identitaria nascente (si abbandona l'immagine del bambino/a che fino a quel momento aveva rassicurato il giovane e si deve competere con il gruppo dei pari di età e di genere, in un primo momento, e successivamente con il gruppo misto per genere ed età).

Questi passaggi evolutivi sono spesso fonte di ansia e disagio, soprattutto se l'ambiente circostante al giovane adolescente non è particolarmente recettivo dei suoi nuovi bisogni o se si è vittima di bullismo.

In queste situazioni, si possono verificare questi problemi che devono essere repentinamente trattati onde evitare l'insorgere di problematiche più gravi e di una cronicità del sintomo.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Pisocoterapeuta
Esperto in problematiche adolescenziali
santini@percorsipsicologici.com

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Cannabis e adolescenza: il rifugio in un mondo ideale

27/10/2017

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Foto
Da anni mi occupo di adolescenti, sia nell'esperienza come clinico di comunità educative e terapeutiche, sia all'interno dei servizi che svolgo nel mio studio.



In questo articolo vorrei parlare dell'uso che sempre più sta prendendo piede del uso della sostanza come fuga da pensieri e richieste che l'adolescente teme di non poter controllare e soddisfare.

Un tempo era in rilievo l'uso di queste sostanze da un punto di vista ricreativo e gruppale, l'immagine di sè all'interno di un gruppo trasgressivo che condivideva l'uso di sostanze proibite creava una condivisione che permetteva di sentirsi parte di un gruppo, nella creazione di un'identità gruppale nascente e condivisibile.

Oggi, invece, oltre a questo aspetto che permane, sono sempre più presenti nei discorsi dei ragazzi frasi quali: "così non penso", "sedo la mia rabbia con una canna", "almeno per un pò non devo pensare"...ecc ecc, come se per questi ragazzi la richiesta di una "mente al lavoro" in un processo di creazione identitaria, come avviene in adolescenza, fosse una richiesta eccessiva da cui si deve evadere in qualche modo.

La società è notevolmente cambiata, le richieste sono sempre più pressanti (basti pensare all'"agenda" di alcuni bambini che nel corso della settimana svolgono corsi di ginnastica, di musica, di danza, più sport contemporaneamente...ecc).

La possibilità di poter stare nel silenzio (evolutivo), in un vuoto pensante ad oggi viene difficilmente accettato dagli stessi genitori che sentono questi momenti come persi, la noia è qualcosa da cui scappare, un termine inaccettabile e che i figli non devono conoscere.

Ci si può dunque aspettare qualcosa di diverso da ragazzi di 14-16 anni che sono alle prese con processi di sviluppo psico-fisico così importanti e gravosi? Direi di no.

Probabilmente una cura di questi aspetti potrebbe aiutare maggiormente i genitori a comprendere questi fenomeni e allo stesso tempo gli adolescenti a poter tollerare maggiormente la frustrazione derivante da pensieri nuovi, sentiti come gravosi, ma necessari per una ristrutturazione identitaria quale quella che l'adolescente è chiamato ad attuare. Lasciare la propria immagine infantile di bambino amato e accettato dal nucleo familiare a favore di un'immagine di sè diversa, da costruire e creare all'interno di un gruppo di pari è un percorso difficile e che spesso può far paura e a cui si può, in alcuni casi, cercare di sottrarsi ma il buon esito di questo processo è necessario per la buona riuscita di un sè più maturo, consapevole e strutturato.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Psicoterapeuta
santini@percorsipsicologici.com



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BLUE WHALE: UNA FORMA DI DISAGIO GIOVANILE

24/5/2017

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In questi giorni sulle televisioni e sulla carta stampata si sta molto parlando di un fenomeno definito Blue Whale, un percorso autolesionistico fatto di 50 passaggi che i giovani farebbero motivati da un "curatore" che li porterebbe ad affrontare prove sempre maggiori e dolorose fino alla morte procurata per suicidio. Ora, si sta alzando molta polemica sulla veridicità del fenomeno che arriverebbe dalla Russia.

Personalmente, a prescindere da questo possibile fenomeno, per la mia pratica clinica con gli adolescenti, sia all'interno del mio lavoro in comunità terapeutiche per  adolescenti che nel mio studio clinico privato, sono portato a credere che gli adolescenti che soffrono tendono spesso ad utilizzare forme di autolesionismo quando non è possibile accedere al verbale, vuoi per loro difficoltà soggettive, vuoi, come più spesso accade, per un ambiente familiare e sociale assente o scarsamente recettivo dei loro bisogni e malesseri.

Spesso il cutting, che è la forma di autolesionismo maggiormente usata dagli adolescenti in questi ultimi anni, oltre ad altri agiti corporei, risulta essere un modo in cui si riesce a "far emergere" il malessere interiore che i ragazzi provano. Poter sentire un dolore fisico, vedere il sangue che sgorga dalla propria pelle, è un modo simbolico, e reale allo stesso tempo, per rendere "visibile" un dolore profondo e difficilmente elaborabile.

Molto spesso, nel corso della terapia, questi aspetti vengono abbandonati velocemente quando i ragazzi divengono più consapevoli dei loro vissuti e del loro dolore interno, si assiste ad un cambio dello strumento per raggiungere il loro dolore, dal taglierino, utilizzato fino a quel momento, si passa alla parola, anch'essa spesso tagliente ma in una forma sana, in grado di poter raggiungere ferite più profonde nel loro IO, per poterle vedere insieme, curare e bonificare da quegli eventi traumatici che le hanno generate per volgere nel tempo a una sana guarigione interna.

Per questo diviene importante, per gli adulti di riferimento dei giovani, avere uno sguardo attento ai comportamenti che gli adolescenti mettono in atto, un occhio capace di lasciarli sperimentare nelle loro azioni ma allo stesso tempo in grado di poter intervenire quando i loro comportamenti non sono più finalizzati ad un sano processo di soggettivazione come giovani adulti in crescita quanto piuttosto divengono lesivi della loro crescita.

Per cui, sia che si chiami blue whale, cutting, anoressia, agiti autolesionistici...ecc ecc, gli adulti devono essere un valido contenitore in cui i ragazzi possano sperimentarsi in un contesto libero ma protetto ed essere allo stesso tempo capaci di poter intervenire quando il comportamento adolescenziale inizia a manifestare un malessere nella propria crescita.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Psicoterapeuta
santini@percorsipsicologici.com



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IL BULLISMO: una forma di malessere agito e subito

10/5/2017

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bullismo psicologo
Il bullismo è una manifestazione di un comportamento sociale di tipo intenzionale, connotato da violenza sia di natura fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, perpetuato nel corso del tempo e rivolto nei confronti di persone considerate dal soggetto che promuove l'azione in questione come facili bersagli  e/o incapaci di difendersi.

Recentemente con l'avvento di internet in questi ultimi decenni si è iniziato a parlare di cyberbullismo, ma tale fenomeno è riscontrabile anche in altri ambiti e a seconda del contesto si può parlare di mobbing (in ambito lavorativo), nonnismo (nelle forze armate).

In questo articolo, vorrei porre l'attenzione su un singolo aspetto del fenomeno che, per la sua vastita e complessità, richiederebbe una trattazione più estesa dato che coinvolge diversi soggetti (il bullo, la vittima, i fiancheggiatori e quindi i fenomeni gruppali).

Di particolare interesse in questo fenemono sono i meccanismi di difesa messi in atto dall'aggressore. Molto spesso, infatti, oltre alla coazione a ripetere, ossia quel meccanismo tale per cui chi ha subito nella sua vita un "trauma" mette in atto e agisce continuamente tale comportamento (non elaborato), vi è un uso massiccio delle proiezioni di vissuti negativi che, proprio perchè presenti in grande quantità, devono essere evacuati all'esterno e la vittima diviene il depositario e bersaglio di questi vissuti inelaborati dall'aggressore (questo fenomeno può avvenire anche in contesti di gruppo dove la vittima è allo stesso modo un gruppo di individui). La vittima diviene così un capro espiatorio, portatore di tutti i mali dell'aggressore che, proprio perchè li ha evacuati, li può vedere (sull'altro) e, a questo punto, attaccare (da sottolineare però che non vi è mai un'accettazione di questi vissuti, non li riconosce come suoi bensì come appartenenti all'altro).

Negli adolescenti, questo fenomeno è molto visibile nella sua forma più forte, proprio perchè gli adolescenti per antonomasia vivono qualsiasi emozione con forte trasporto (uno dei fattori di questa loro caratteristica è perchè il loro lobo frontale è ancora in fase di sviluppo per cui la regolazione delle emozioni è più deficitaria rispetto a come fanno gli adulti, o dovrebbero fare!). Gli effetti di questi vissuti violenti possono essere anche catastrofici, dato che in alcuni casi la vittima pone fine a questo meccanismo togliendosi la vita. Più frequentemente, emergono vissuti depressivi, attacchi di panico, evitamento dei contesti dove il comportamento vessatorio è messo in atto, con il conseguente peggioramento della propria qualità di vita (si pensi per esempio agli abbandoni scolastici).

Per questo motivo, è importante in questi casi, per gli adulti di riferimento, siano essi insegnanti, genitori, educatori ecc,  monitorare bene i comportamenti dei ragazzi e, in caso di fenomeni di bullismo, dare un giusto sostegno alle vittime ma anche agli "aggressori" che, in questo caso, non sono altro soggetti che manifestano un loro malessere interiore con questo tipo di comportamenti.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo-Psicoterapeuta
santini@percorsipsicologici.com

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    Gli articoli presenti in questo blog di psicologia sono redatti dallo staff dello studio di psicologia e psicoterapia "Percorsi Psicologici" nel comune intento di divulgare temi a carattere psicologico e di fare cultura per un sano benessere psicologico.

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